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Di chi parlano queste espressioni poetiche? Di due gemelle siamesi nate al Consolata Hospital di Ikonda il 19 novembre 1997. Erano intrecciate in modo del tutto anomalo. Un vero mistero clinico, afferma un dottore.

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Sono appena passate le 8 di sera quando Padre Sandro mi chiama e mi chiede di vedere una bimba piccola perché ha paura che muoia. Quando arrivo nell’atrio dell’ospedale vedo un uomo e una donna seduti su due sedie.

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Lui è Darushi, un ragazzino che resterà nei cuori di tutto il personale. Ha 14 anni, è il terzo di 8 fratelli, il padre lavora nei campi di Sumbawanga ma col suo misero stipendio riesce a permettere la scuola ad uno solo dei suoi figli.

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Petro è uno dei tanti bambini che ogni mese arriva all’ospedale per le visite e le medicine presso la Hiv/Aids Clinic. E’ sempre accompagnato dalla mamma Mwalemi.

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Si presenta sulla porta con la sua bambina aggrappata al seno, facendo una mezza genuflessione e un inchino. Riconosco la donna perché la vedo spesso all’ospedale quando viene alla HIV/AIDS Clinic: è Vumilia, che in kiswahili significa “colei che sopporta”.

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Come sarà il Natale a Ikonda? Con i bambini del reparto di pediatria e con tutti gli ammalati dell’ospedale. Tutto intorno ci sarà aria di festa e le melodie natalizie africane si fonderanno con l’immagine di Gesù Bambino che nasce povero e con le stelle che brillano.

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Il viaggio in Jeep verso Ikonda sembra non finire mai: l’ospedale di Ikonda dista più di 800 Km dalla capitale del Tanzania, Dar Es Salaam, è situato nel cuore dell’Ukinga (una regione montagnosa) e serve un circondario vastissimo.

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