La volta di Jasmine
Da queste parti.
Sono appena passate le 8 di sera quando Padre Sandro mi chiama e mi chiede di vedere una bimba piccola perché ha paura che muoia.
Quando arrivo nell’atrio dell’ospedale vedo un uomo e una donna seduti su due sedie. La donna tiene in braccio un fagotto di tante coperte.
Sono immobili, impassibili, senza sguardo, perché da queste parti non si soffre, non si chiede, non si pretende, non ci si aspetta niente. Solo, si aspetta.
Sposto le tante coperte e vedo una bimba bellissima, la pelle “appena abbronzata”, gli occhi piccoli e stanchi, il respiro veloce.
Mi seguono sempre in silenzio e senza sguardo nel reparto di Pediatria. Entriamo nella sala visite.
L’uomo rimane fuori, la mamma entra e posa il fagotto sul lettino, sempre senza sguardo.
Jasmine, così si chiama questa bellissima bambina, è molto stanca. È stanca di respirare, stanca di avere la febbre, stanca di sentire il suo cuore battere così veloce. È tutta stanca.
Anche le sue vene sono stanche, stanche di portare il sangue ai polmoni stanchi, e il cuore è così stanco che batte velocissimo pur di arrivare presto.
Noi non siamo stanchi e avvicendiamo le nostre mani, aghi, cannule, attorno a quelle vene stanche e vuote. Gli occhi di Jasmine sono belli. Mi guardano e non hanno paura forse perché la sua pelle adesso è più simile alla mia, a quella di un “musungo”.
I suoi occhi sono belli, e dolci, ma anche loro sono molto stanchi. Chiamo il suo nome ad alta voce tante volte, e tutte le volte Jasmine mi guarda come se volesse dirmi qualcosa ma non so che cosa.
Continuo a chiamarla per essere sicura che capisca che voglio che rimanga qui con noi. Le diamo tutto, sangue, farmaci, ossigeno e tante carezze. Il mattino seguente arrivo in ospedale molto presto.
L’infermiera del turno di notte mi dice che Jasmine è ancora viva. Io entro nella stanza e mi avvicino al letto.
Ora anche i respiri sono stanchi. Stanchi e pochi. I suoi occhi sono chiusi. Dorme il suo ultimo sonno vicino alla sua mamma. Il suo cuore che già batteva forte ora galoppa e poi si ferma. È arrivato.
Questa è la volta di Jasmine. Da queste parti non si lotta. Si aspetta e poi ci si ferma.
Da queste parti anche una polmonite può portare via Jasmine.
I suoi genitori urlano, piangono, si buttano per terra (cosa rara, da queste parti). E si abbracciano (cosa rara, da queste parti).
Vorrei dire loro che non avrebbero dovuto aspettare così tanto, che sette giorni di febbre per una bimba di sei mesi sono troppi, ma ingoio tutta la mia razionalità insieme al mio orgoglio e prendo le loro mani per avvicinarle a Jasmine, a quella loro figlia che non riescono a toccare per paura di realizzare che è vero.
Sì, è vero, questa è la volta di Jasmine. Da queste parti.
Dr.ssa Patrizia Stasi